Una cosa che mi viene spesso chiesta è che cosa intendo per essere (o diventare) bilingue.
La risposta è semplice.
Si diventa bilingue nel momento in cui la seconda lingua smette di essere una semplice lista di vocaboli e regole grammaticali imparate a memoria e inizia ad essere invece un qualcosa in grado di influenzare il nostro modo di pensare e vedere le cose. Si diventa quindi bilingue nel momento in cui la seconda lingua, da elemento estraneo a te (straniero, per l’appunto) diventa un qualcosa che è parte integrante della nostra personalità... un qualcosa in grado di ridefinire chi siamo, come ci presentiamo e interagisci con gli altri.
Non a caso si dice che uno degli aspetti più comuni dell’essere bilingue sia proprio lo “split” di personalità, vale a dire il sentirsi “diversi” – il sentire che le proprie idee cambiano – a seconda della lingua che si parla.
E la cosa interessante e’ che il bilinguismo non è una prerogativa esclusiva dei bambini. Bilingue lo si può diventare a tutte le età, tanto che esistono nomi specifici per distinguere tra coloro che lo sono diventati da bambini o coloro che lo sono invece diventati da adulti. E – statistiche alla mano – quest’ultimi sono la maggioranza: oggi si stima che più della metà della popolazione mondiale sia almeno bilingue e che il 60-70% di questi lo sia diventa in età adulta, e soprattutto per scelta.
Significa che alla base c’è stata una volontà, una necessità, che ha portato la persona a desiderare di sviluppare questa abilità.
Il bilinguismo non è quindi un dono con quale si nasce ma è uno skill che si sviluppa qualora ci sia la volontà e qualora lo studente affronti lo studio della lingua con un metodo che sia coerente con l’obiettivo. Un metodo che non parta cioè dallo studio della grammatica, o dall’imparare a memoria dozzine e dozzine di vocaboli e frasi fatte, ma che crei invece la lingua a partire dai suoi ingredienti base: pensiero e suono.
Le parole che escono dalla nostra bocca altro non sono che suoni al quali il nostro cervello associa delle immagini. Tali suoni, per essere riprodotti, occorre che l'orecchio sia prima in grado di sentirli; e le immagini, per essere comprese, necessitano di una mente educata a comprendere l'immaginario della cultura, del pensiero, che le ha prodotte.
Purtroppo, "pensiero" e "suono" sono due argomenti che i metodi di studio tradizionali solitamente tralasciano, quando invece sono essenziali nello studio di una lingua, specialmente quando si ha a che fare con idiomi, come l’inglese o tedesco, che sono così distanti da quello italiano che per parlarli fluentemente occorre innanzitutto fare un profondo lavoro di riprogrammazione, sia a livello culturale che sonoro.
Code-Switching e Tedesco Montessori sono in questo senso gli unici corsi che lavorano in da subito in questa direzione e che creano le condizioni affinchè queste possano sbocciare naturalmente dentro di noi.